La popolazione che ha lasciato la più forte impronta sull’isola è sicuramente quella araba: dalla toponomastica dell’isola ed il suo caratteristico dialetto ai suoi dammusi (tipiche strutture isolane) ed alla sua organizzazione agricola. Proprio la spina dorsale della fiorente attività agricola isolana era l’asino pantesco, selezionato dagli abitanti di Pantelleria a partire da animali importati dal Maghreb.
Asini dalla taglia media molto robusti, dall’andatura veloce e sicura sul territorio scosceso e pietroso dell’isola grazie all’andatura ad ambio (avanzando contemporaneamente gli arti dello stesso fianco), gli asini di Pantelleria erano molto resistenti alle condizioni avverse della regione, quali le alte temperature e la mancanza d’acqua. Sono anche molto intelligenti e per secoli questi animali sono stati fidati compagni di lavoro per gli abitanti di Pantelleria.
Molto apprezzati dagli allevatori di tutto il mondo grazie alle loro qualità, i numeri dell’asino pantesco si ridussero notevolmente a causa delle esportazioni sconsiderate. L’avvento della meccanizzazione ha infine ridotto ulteriormente il numero di esemplari finché l’ultimo pantesco di razza pura, Arlecchino, morì tristemente annegato mentre veniva imbarcato per tornare a Pantelleria nel 1985.
Fortunatamente nel 1989 l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia, in collaborazione con l’Istituto Incremento Ippico di Catania, avviò un progetto di ricostituzione della razza, cercando in Provincia di Trapani gli individui che discendevano e più assomigliavano agli ultimi asini panteschi. Si formò così un primo nucleo di 6 fattrici e 3 stalloni presso l’allevamento San Matteo ad Erice. La popolazione è lentamente aumentata ed oggi si contano 70 esemplari, che ci dimostrano che la storia di questo antico amico dell’uomo non è ancora finita.
Si ringraziano Istituto Incremento Ippico per l’accesso ai dati del suo archivio storico.
Guglielmo Grasso