Il latte d’asina rispetto al latte di altre specie si differenzia, oltre che per la composizione chimica di base, anche per la presenza di sieroproteine con importanti funzioni biologiche come il lisozima.
Il latte d’asina presenta una elevata concentrazione di lisozima, una proteina con funzione principalmente antimicrobica e anti-infiammatoria. Infatti, grazie alla sua elevata presenza nel latte d’asina (circa 1g/L) si mantiene generalmente bassa la carica batterica e si conserva naturalmente bene per un tempo più lungo rispetto al latte di altre specie.
Le aziende agricole, tuttavia, per poterlo vendere in totale sicurezza per il consumo umano devono pastorizzarlo al fine di scongiurare l’eventuale presenza di ceppi patogeni per l’uomo.
Sebbene il livello di lisozima dipenda principalmente dalla razza, dalla fase di lattazione dell’asina e dalla stagione di produzione si rischia con un trattamento termico spinto di ridurre drasticamente la sua concentrazione oltre alla sua attività biologica.
Quindi nasce l’esigenza in questo progetto di definire e ottimizzare la giusta combinazione di tempo e di temperatura per la pastorizzazione del latte d’asina tentando di salvaguardarne al meglio le sue proprietà nutraceutiche. In particolare, il lisozima diventa il principale marcatore biologico da misurare al fine da rendere minima la denaturazione e la perdita di attività funzionale con il trattamento termico.

Presso i laboratori del CoRFiLaC sono state eseguite delle prove preliminari di pastorizzazione, partendo dai criteri standard temperatura/tempo stabiliti dalla normativa vigente sul processo di risanamento termico del latte.
Un trattamento a bassa temperatura di 62,5 °C per un tempo lungo di 30 min del latte d’asina causa una drastica riduzione (più del 50%) di lisozima, confermando i dati della letteratura.
Ulteriori prove vanno effettuate per definire il trattamento termico migliore per avere latte d’asina sicuro e di qualità.