Negli articoli precedenti, vi abbiamo parlato dell’Asino Ragusano e dell’Asino Pantesco, due razze autoctone siciliane. In questo, invece, ci soffermeremo sull’Asino Ferrante siciliano, conosciuto anche come “Grigio Siciliano”.
Prima che sul territorio ragusano gli allevatori, coordinati dal Regio Deposito Stalloni, iniziassero a selezionare asini dal mantello baio negli anni 30, gli asini indigeni del territorio presentavano indistintamente mantelli grigio e baio. Tant’è vero che in “Riproduzione, Allevamento e Miglioramento degli animali domestici in Sicilia” di Nicola Chicoli (1870) troviamo la descrizione di sole due razze: quella di Pantelleria e quella “comune” da lavoro, con mantello non uniforme. Dal 1953, anno in cui l’Asino Ragusano è stato riconosciuto come razza, l’Asino Ferrante è stato perlopiù trascurato ed il numero di esemplari si è notevolmente ridotto, basti pensare che la stima più recente (condotta dalla sezione di Zootecnica e Nutrizione animale dell’Università di Messina) ha censito solamente 100 capi. Ancora più preoccupante risulta uno studio del 2005 della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Catania che, pur confermando l’origine comune recente dell’Asino Ragusano e dell’Asino Ferrante, ha trovato un notevole deficit di eterozigosi nel Ferrante, ossia una variabilità genetica molto ridotta.
Se nonostante questo avete la fortuna di incontrarne uno, lo potete riconoscere grazie al mantello dal grigio chiaro al molto scuro con degli accenni di color ruggine (da questo il nome ferrante) e con l’addome, l’interno delle cosce ed il muso bianchi.
Oggi non esiste ancora un libro genealogico per gli Asini Grigi Siciliani: questo ha sicuramente sfavorito l’allevamento degli Asini Ferranti rispetto ai loro cugini Ragusani. L’estinzione di questa razza comporterebbe la perdita di un importante tassello della notevole biodiversità equina siciliana.
Guglielmo Grasso