A chi è capitato di sorseggiare un bicchiere di latte d’asina e avvertire oltre alla dolcezza una leggera sensazione di secchezza orale, come quella che si avverte bevendo il the, oppure nel sorseggiare dei vini rossi troppo giovani o mangiando un frutto acerbo?
Questa sensazione ha un nome in campo sensoriale e si chiama astringenza.
L’astringenza è una sensazione di secchezza e rugosità avvertita nella cavità orale non solo sulla lingua, ma anche nel palato e nelle gengive. L’astringenza viene recepita dal cervello in modo diverso rispetto ai sapori. Essa è ritenuta una sensazione tipicamente tattile da non associare alle quelle puramente gustative di acido, dolce, amaro e salato. Naturalmente queste sensazioni si sovrappongono come quelle avvertite nel latte d’asina.
È noto ormai che il meccanismo principale che causa astringenza è la precipitazione delle glicoproteine della saliva, in particolare della mucina, dopo l’interazione con molecole cariche positivamente. I tannini del vino, i polifenoli del tè sono coinvolti nel restringimento delle papille gustative della cavità orale e quindi nella sensazione di astringenza.
Se il lattosio del latte d’asina ha un ruolo preminente nella sensazione di dolcezza, cos’è che influenza quella sensazione di astringenza che avvertiamo in bocca?
I probabili candidati della sensazione di astringenza sembrano essere la lattoferrina e il lisozima (abbondante nel latte d’asina).
Queste sieroproteine, in esperimenti in vitro, mostrano una maggiore reattività quando mescolate alla saliva a pH neutro o leggermente alcalino (che è quello del latte d’asina) a differenza della beta – lattoglobulina che precipita soprattutto a pH acido.
Sebbene questa leggera nota di astringenza è avvertita da panellisti professionisti, il latte d’asina rimane comunque un sorso di dolcezza per i meno esperti.